Francesco Paolo Michetti (1851 - 1929)

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Biografia breve di Francesco Michetti

Francesco Paolo Michetti (Tocco da Casauria 1851 - Francavilla al Mare 1929) è stato un pittore del XIX secolo. I primi studi artistici compiuti a Chieti gli garantirono il pensionato al R. Istituto di Belle Arti di Napoli nel 1868, dove ottenne due premi di incoraggiamento con una Mezza figura di vecchio e Paesaggio con figura. Strinse rapporti con Morelli, Palizzi, Dalbono e i pittori della Scuola di Resina. Attraverso Morelli conobbe Paolo Rotondo che divenne suo mecenate (oggi le opere sono nei Musei napoletani). Nel 1871 De Nittis lo presentd al mercante Reutlinger, instaurando un rapporto con regolare contratto; più tardi si legò a Goupil e a Seeger, imponendosi sul mercato francese e internazionale. Nel 1872 partecipò al Salon parigino con Retour du potager e Somneil de l'innocence. Dall'incontro con la pittura di Mariano Fortuny nel 1874, Michetti acquisisce una nuova tecnica basata sul virtuosismo cromatico che caratterizzerà tutta la sua produzione degli anni Settanta. Uno degli esiti più felici in questo senso è La raccolla delle olive esposta al Salon del 1875. Si impose all'Esposizione Nazionale di Napoli del 1877 con La Processione del Corpus Domini a Chieti, donata alla contessa De La Feld dopo una lunga contrattazione non conclusa con Goupil. La contessa, che gli commissionò anche la Mattinata, cedette entrambe le opere a Matteo Schilizzi, che le propose alla Mostra Internazionale di Berlino del 1891 dove il Corpus Domini fu acquistato dall'Imperatore di Germania Gugliemo II. In questa stessa occasione espose anche Sentiero che mena alla chiesa, Villanella coi taccbini, Pastorella con pecore, La serenata, che si aggiudicò la medaglia d'oro, e Scena di matrimonio nell'Abruzzo, entrata nella raccolta della Real Casa di Monza. Michetti ebbe una vita espositiva molto intensa soprattutto a livello nazionale e internazionale; tra queste presenze ricordiamo l'Esposizione Universale di Parigi del 1878 con Primavera e amore, Un bacio, la gouache Animali e la terracotta Contadina; le mostre nazionali di Torino nel 1880 (Pescatori di tondine-Adriatico, L'ottava, Un'impressione nell'Adriatico, Domenica delle Palme, I morticelli), di Milano nel 1881, dove espose Aida, per la signora De Giuli, e vari studi dal vero a tempera e a pastello. Al pastello si avvicinò, con Dalbono, a partire dal 1877, percorendo la strada solcata qualche anno prima da De Nittis. Insieme con lo studioso Antonio De Nino e lo scultore Costantino Barbella si interessò alle tradizioni del mondo contadino, formulando un immaginario popolare di impianto corale, lontano dal realismo integrale e sociale di Patini e dal simbolismo dell'amico D'Annunzio. Quest'attenzione gli fece scoprire il mezzo fotografico, che da allora influenzerà la sua produzione pittorica fino a determinarne non soltanto scelte iconografiche e tagli compositivi, ma una nuova dimensione visiva. Ne esce Il voto (Roma, Galleria Nazionale d'Arte Moderna), opera che, esposta con grande enfasi alla Mostra di Roma del 1883, intesa come una sequenza in continuo divenire, semanticamente si spiegava col "non finito" (che egli scrisse sul bordo) del ciclo della vita. Divenne amico di Gabriele D'Annunzio, conosciuto nel 1880, che lo ospitava spesso nel suo "convento" a Francavilla al Mare, insieme con un cenacolo di personaggi tra i quali Barbella, Paolo Tosti e il De Nino: ne esce La figlia di lorio (Pescara, Palazzo della Provincia), precedente al 1904, data dell'omonima opera dannunziana. Nel 1899, corposi nuclei di opere erano in esposizione sia alla Terza Internazionale di Venezia (circa centosettantacinque tra studi e opere finite), sia alla mostra di Berlino (una settantina). All'Esposizione Universale di Parigi del 1900 espose Contadino, Ritorno dalla messa, Le serpi e Gli storpi; quest'ultimo, che si aggiudicò la medaglia d'oro, non trovò, insieme con Le serpi, il consenso della critica e del pubblico. Nella fase tarda, abbandonata quasi del tuto la pittura, si dedicò alla fotografia, sperimentando tecniche sempre più audaci, non trascurando però la scultura in terracotta che lo aveva da sempre interessato.

FONTE: L'Ottocento Napoletano dalla veduta alla trasfigurazione del vero

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